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IL PRIMO VERO MATERIALE ARTISTICO DA POSSEDERE. DA DOVE SONO PARTITI TUTTI.

Quando, come, cosa e perché

Sogni grandi, immensi. Sogni oggi non più nostri.

Non lo saranno mai più.

Monumenti, cenotafi, tombe grandi come palazzi, cattedrali…tutto nasceva nelle menti visionarie, immaginifiche, dei Grandi Maestri,

Il tratto più sconvolgente è un pensiero che quasi nessuno, da allora, ha mai più fatto. Difatti, si è sempre parlato di Maestri, acumi assoluti dello scibile umano, persone, menti, pensieri, visioni, dimensioni che hanno innalzato oltre ogni limite possibile lo scibile umano, un limite, da allora, mai più superato.

Sono diventati Immortali, certo, ma…nascevano poveri, ignoranti, sporchi, laceri, affamati, e con un regalo Divino che non sapevano padroneggiare. Girava dentro di loro come acciaio fuso incandescente, e non se ne sapevano difendere.

Nascevano fattori, figli bastardi, scalpellini, muratori, carpentieri, barcaioli, contadini…e chissà quanti, con quel bolo di lava incandescente dentro che non stava ferma un attimo, non hanno avuto genitori lungimiranti, o che si volevano disfare di quella bocca in più, o la scintilla della curiosità e del conoscere…o semplicemente troppo poveri per avere del materiale su cui tracciare, o troppo stanchi, alla sera, con appena la forza di mandare giù un po' di erba amara e pane raffermo, per crollare poi su un sudicio giaciglio…

immagine di carpentieri

Carpentieri e altre maestranze al lavoro

Quanti? Quanti ne avremo persi? Quanti Leonardo, Michelangelo, Tiziano, Raffaello, Giorgione, Caravaggio e via discorrendo avremo perso, lungo la strada, lasciati indietro e/o mai partiti, e mai più ritrovati?

Non lo sapremo mai

Ed essendo nati “umani”, stracci con il moccio al naso (tranne qualche raro caso, perché molti assurgevano ad una posizione migliore certo per le magnificenze che producevano, ma anche per matrimoni, di convenienza o no, conoscenze, manovalanze, colpi di fortuna, amori impossibili…), da scalpellini, muratori, curiosi con le mani in pasta, guardano il materiale, lo toccavano, le mani si imbiancavano di polvere, olio, colore, argilla e chissà che altro.

Sempre poco di cibo e benessere, si macchiavano, e quasi mai di soldi.

Nasceva tutto iniziando a guardare i materiali, contrattando la somma, genuflettendosi, arrabbiandosi fino al livore e all’infarto, al pianto, alla bestemmia…e poi la richiesta di perdono, e i familiari che chiedevano soldi, e i committenti che non pagavano, ma i lavori dovevano iniziare.

E iniziare su progetti tracciati con una riga di legno, forse un compasso in ferro…niente calcolatrici, computer, monitor. CAD e previsioni futuristiche.

Neanche la carta aiutava. Neanche l’inchiostro. Neanche le maestranze più dotate e sapienti avevano soluzioni rapide e funzionali (il marmo del David di Michelangelo fu calato a terra dopo ore di ragionamenti, giorni di prove, vite a rischio, e alla fine fu accompagnato praticamente passo dopo passo).

Ma la cosa più curiosa? In mezzo a quel gruppo di scalzi, avvolti nelle pezze, senza denti, gente che tossiva sangue, magri come chiodi, puzzolenti come capre, che spesso dormivano, mangiavano, e facevano i loro bisogni lì, dove si trovavano, in mezzo a quel gruppo di essere viventi, misero anello di congiunzione tra il porco e l’Homo Sapiens, mischiato a tutti gli altri, urlante come loro, irriconoscibile, indistinguibile, c’era lui…il Veggente…Il Maestro…che mentre calpestava escrementi di ciuchi , cani e cavalli, o era chiuso in una stanza con solo una sedia, o stava in un loculo a aprire e spostare viscere ai cadaveri, era il comandante dei lavori, la mente eccelsa che, in quel mondo animale, era l’unico ad avere nella sua testa intere piazze, cattedrali, tombe da Re e Papi, Cappelle Sistine e opere degne di un Dio.

immagine di carpentieri

Carpentieri e altre maestranze al lavoro

Vestiva esattamente come gli altri, Era sporco come gli altri, Spesso mangiava allo stesso tavolo, e lo stesso cibo. Ma era più vicino al Creatore di qualunque altro essere su questo pianeta.

Il suo grado? Il suo marchio distintivo? Una cosa da niente, ma che era alla portata di uno su diecimila: La matita dietro l’orecchio.

Facendo voli pindarici, potremmo trovare curioso che il simbolo della povertà assoluta fosse a contatto con una scatola cranica contenente le ricchezze del mondo.

Ma mentre la ricchezza pensava…la povertà costruiva e realizzava.

MA ALLORA…SI PARTE DAL BASSO? EBBENE, SI

Quando si inizia a fare lavori artistici, ma anche lavori d’ Arte, più complessi, strutturati, studiati, e contenenti l’alfabeto dell’Arte stessa, si inizia sempre dal basso.

Con “partire dal basso” si intende una procedura da intendere e da vivere in molti modi, quasi tutti quelli possibili e interpretabili

Quindi facciamo chiarezza.

Intanto, si parte dal basso perché “non si mira mai in alto”, come tanti fanno. Si vedono soggetti (sempre già fatti, da copiare), mancanti di nozioni appropriate la fanno facile, loro si credono abbastanza bravi, non riescono a valutare le effettive difficoltà insite nel lavoro che si accingono a fare, e, non avendo la minima nozione artistica, culturale e tecnica, iniziano a lavorare, finendo nel fare il classico “bagno di sangue”.

A questo punto succede una cosa curiosa; ci si rivolge alle Belle Arti, nel senso di settore commerciale, e si affrontano sacrifici economici inimmaginabili acquistando prodotti che sembrano miracolosi, che risolvono qualsiasi guaio, e restituiranno il lavoro allo splendore che l’artista immaginava dovesse avere quando ha iniziato.

Ma i prodotti, costosi prodotti, che si acquistano sperando di risolvere, in realtà sono del tutto impotenti. Come cercare di erigere un muro unendo i mattoni con la maionese più costosa del mondo. Un disastro.

Partire dal basso significa anche che la povertà, la fame, la sofferenza e la scarsità, così come le carestie, e l’ingegno per superare problemi che noi oggi neppure possiamo immaginare, hanno inventato l’Arte. I maltrattamenti, le rivalità tra artisti, la voglia di primeggiare, di sconfiggere gli avversari…spronavano uomini normali a spendere vite straordinarie, a fare miracoli terreni riconosciuti poi dal Cielo.

La miseria, la povertà, le privazioni, e la semplicità hanno inventato l’Arte. E poi l’hanno salvata, nei secoli, nei millenni, e ancora oggi continuano a farlo.

La povertà fa Arte. Non altro.

Un progetto artistico deve attraversare almeno quattro o cinque fasi, prima di entrare in produzione. E nel momento in cui vi si dà inizio, i procedimenti tecnici affinché il lavoro riesca, nella maggioranza dei casi, sono altri tre o quattro minimo.

E solo nell’ultima fase, a secco o bagnata, si usano i prodotti fini perché rifiniscano spettacolarmente il nostro lavoro.

Questo, ci ha insegnato la povertà. Tutto ciò che sta sotto l’ultimo strato di lavoro non si vede, e non si sa che c’è. Ma influisce, modifica, impregna, condiziona tutti gli strati sopra di lui, influenzandone la resa, la lucentezza, la trasparenza, la luminosità.

E a partire dal fondo, dalla sua preparazione, a proseguire in avanti, è tutta povertà.

Usata bene, meglio, al massimo, poeticamente, amorevolmente, questa bassa “manovalanza” assurge a livelli alti, sale sull’Olimpo, non sfigura se messa a confronto con la fase pittorica ultima, più nobile, pregiata e raffinata.

E in tutta questa fase di “manovalanza”, il termine certo, ultimo, definitivo e incontestabile è “mano”. È lei, unità alla povertà dell’Arte, a creare capolavori.

Dietro al mondo dell’Arte, a quello che vedete sui libri o nei musei, c’è tanta, tanta manovalanza. Nei secoli, nei millenni, la povertà ha sempre parlato di una quantità di manovalanza grezza, talvolta sbagliata (Leonardo con la battaglia di Anghiari prese una tranvata, fece una tale figura di me…lma, che è passata alla Storia tanto quanto le sue opere) ripensata, distorta, creata male in quantità che non vi immaginate nemmeno. Nel passato (quando tutto, ma proprio tutto era a mano, anche la macinazione dei colori) per un mese di lavoro sul quadro magari si arrivava a dover investire 5 o 6 mesi di manovalanza nelle voci suddette.

Copia di Rubens della Battaglia di Anghiari di Leonardo

Copia di Rubens della Battaglia di Anghiari di Leonardo

Solo quando tutto risultava perfetto, in ordine, armonico, ogni cosa al suo posto e un posto per ogni cosa, si passava alla fase esecutiva. E lì giù altra manovalanza, questa volta non più volta a trovare la soluzione giusta, ma mirata a creare l’esecuzione giusta”. E non a caso scopriamo - grazie alle radiografie - che anche in questa fase, quando oramai tutto sembrava deciso e definito, le opere non erano più le stesse, ambiavano, mutavano, perché mutavano le visioni degli artisti che, appunto passando del tempo, rivedevano e ripensavano sul da farsi. E cambiavano porzioni intere di dipinto. Cambiamenti dell’ultimo momento, anche importanti, di posizione, di pose, e quant’altro. Ripensamenti in continuazione, fino all’ultimo minuto secondo.

E poiché in passato (anche oggi, ma spesso è solo un modo di prendervi in giro, poi ne parleremo diffusamente) i materiali per belle arti costavano quanto un occhio della testa (motivo per cui il fare Arte non era così massificatamente diffuso come lo sarebbe stato in seguito, per esempio con l’invenzione dei colori già macinati in tubetto), la manovalanza, le fasi preparatorie, erano fondamentali, importantissime, richiedevano il tempo che richiedevano, ma soprattutto richiedevano materiali poveri, poverissimi, che dovevano rendere l’idea di quel che sarebbe stato il lavoro finito, e non fornire una pittura diligente.

Non si usavano le Belle Arti fino a quando il rischio anche del più microscopico e insignificante cambiamento non era definitivamente, e sicuramente, scongiurato.

E soprattutto reperibile: non si potrà andare dallo speziale ogni volta che serviva, né buttare via mozziconi di carbone o grafite o pastello finché si potevano ancora tenere tra le unghie.

Chiedetevi perché Michelangelo, il meraviglioso, il più grande, la punta più alta dell’eccelso scibile umano, prima di fare un lavoro faceva e rifaceva i cosiddetti “cartoni”, che certo erano assai più simili al cartonaccio di qualche imballaggio fatto male dei nostri tempi che non al più blasonato cartoncino. Gli stessi cartoni che usava l’ultimo degli artisti più scalcagnati.

Quindi non lo faceva solo Michelangelo? Certo che no. Chiunque disegnava, disegnava, disegnava, e disegnava ancora, fino a fare sangue, finché non si arrivava al risultato indiscutibile. E li iniziava a disegnare non più freneticamente, ma sensualmente, con amore sfiorando il supporto, piegando la testa spesso piangendo per le intense emozioni. C’è da capirlo: era partito dall’inferno, era giunto a Dio. Un viaggio da nulla, che, ringraziando l’Umanità e chi se ne prende cura dall’alto, è una esperienza che possiamo fare anche noi, ogni volta che vogliamo, e senza limiti.

Proprio uguale uguale.

Per questi motivi, ACCADEMIA ARTISTICA ha deciso di partire propri da dove fa caldo e si soffre, per salire piano piano e arrivare al paradiso artistico. E niente spese pazze.

Per prima cosa, molti di voi hanno un cavalletto, Ce l’ho anch’io. Ma molti sono un po' âgée, hanno problemi di salute, non riescono a stare in piedi, o a tenere il braccio steso…come Michelangelo.

Ma lavorare in povertà risolve: su cento lavori iniziati, 98 possono essere iniziati comodamente seduti. Quindi in povertà, la stessa di 500 anni fa, gli attrezzi da lavoro che servono sono:

IL SUPPORTO

Una tavola di compensato, o multistrato (va bene anche MDF, medium density, ma come vede una goccia di liquido muore e si sfalda, si rovina con niente, rilascia una polvere irritante quando la si respira, e pesa un inferno. Si risparmia molto, acquistandola, ma poi va trattata, sopra, sotto sui lati, davanti e dietro, con più mani di materiali vari, dalla colla vinilica, allo smalto, tutto purché venga fissato il materiale e sia reso meno dannoso il composto. Non so se conviene…) di almeno 1,8 cm / 2 cm di spessore, e di misure 50 cm x 70. Così non si piega e non si distorce. Più grossa non serve, non è maneggevole, e più piccola non va bene per i lavori. Ed è facilissima da usare: si mette il lato più corto in grembo, proprio tra pancino e inguine, e si appoggia al bordo del tavolo al quale siamo seduti.

LA CARTA

In povertà, quale carta usare, per tutte le fasi di manovalanza? Quella da povertà: la carta da pacchi. Non da imballo, non da regalo, non quella gialla.

Quella da pacchi. Bianca o beige, non rigata, né plissettata. Liscia da una parte, lievemente polverosa al tatto dall’altra. Stop.

legno e carta da pacchi

Compensato o multistrato per fare la base (non importa che sia legno pregiato) e carta da pacchi

LA MATITA

E la matita? Quella che si mettevano dietro l’orecchio i Maestri in cantiere? Semplice: stessa matita. Fusto colore rosso, B, o HB, anche 2B come quella da falegnami. O con il fusto verde, stesse gradazioni, ma da carpentiere, più grassa perché deve scrivere sul ferro e l’acciaio.

matite da falegname e da muratore carpentiere

Matite da falegname (corpo rosso) e Matite da carpentiere (corpo verde)

LA GOMMA

La gomma…ci serve, la gomma? Eccome, se ci serve, e anche bella morbida. 500 anni fa usavano la mollica di pane, oggi usiamo la gomma pane, tenuta morbida, e pulita di frequente, togliendo le parti sporche, e non rimpastandole insieme al resto della gomma.

LE MOLLETTE

Permettiamoci un lusso moderno: le mollette per tenere la carta, quelle nere, dette “a borsetta “o cardinalizie”. Abbastanza grosse, in fase di lavoro di brutta si usano così. Nella fase di bella, basta mettere tra molletta e figlio di bella un pezzo di straccio, un foglio di rotolo da cucina piegato più volte, in modo che non lasci segno sul foglio. Unica concessione alla modernità, ma sempre nell’ottica della povertà.

legno e carta da pacchi

Mollette (a borsetta) e esempio di gomma pane

LE LAME

Ed infine qualche lama affilata, lamette di vario tipo, per togliere il legno in eccesso, e scoprire la punta, anche se quadrata, anche se non molto lunga.

Stop.

La povertà ci ha dato quello che detto millenni fa ad altri uomini per creare l’Arte, e portarla fino a noi.

Ora sta a noi, iniziare a lavorare e pensare come loro.

Finiremo gli esercizi impostati alla vecchia maniera.

E i prossimi esercizi partiranno proprio da questa impostazione

Dalla povertà.

 

 

 

 

 

 

 

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