Storia di un quadro - Rembrandt: "Saskia che porge un fiore" (Saskia con un fiore rosso)
Autore Rembrandt Harmenszoon van Rijn
Data 1641
Tecnica olio su tela
Ubicazione Gemäldegalerie Alte Meister
Dresda
UNA VITA D’AMORE, L’AMORE DELLA VITA, L’ARTE COME TESTIMONIANZA INDELEBILE DELL’AMORE PER LA VITA
Rembrandt: Saskia che porge un fiore rosso
Saskia van Uylenburgh è una bella e florida ragazzotta fiamminga, dai capelli color miele, le efelidi sul viso, occhi grandi, marroni, e dolcissimi…
Figlia di un avvocato, un celebre avvocato, borgomastro della città nonché uno dei fondatori dell'Università di Franeker, Saskia è di buona famiglia e di media cultura: gran cosa, di quei tempi. Non di alto lignaggio la famiglia, ma fortemente inserita nel tessuto connettivo cittadino, forti agganci, mentalità persino più aperta rispetto alla media del tempo, attivi nel commercio, anche d’Arte, con buone possibilità economiche e fondamenta salde
Buoni genitori, morti precocemente, ma la famiglia tutta, a suo modo (guardando anche alla dote, all’eredità e al patrimonio di Saskia) ama e protegge la ragazza.
Che, anche per indole e carattere, si rivelerà non essere una giovane qualunque.
Rembrandt van Reijn è un paffuto e tracagnotto giovane di belle speranze, neanche bruttissimo, con una peluria sparuta e con il naso a patata, ma è artista, talentuoso, assai talentuoso, lanciato verso un avvenire che lo iscriverà nella Storia dell’Umanità ( ma lui ancora non lo sa) e istrionico, furbo come una volpe, e attratto dal denaro, ma solo come mezzo per nutrire , saziare la sua fantasia, sempre più ingorda, che usa per distaccarsi dal mondo, guardarlo come fosse su un vetrino, e ritrarlo sincero e impietoso. Denaro e sogno, denaro e visone altissima. Mix che lo condurranno sul lastrico. Ma anche questo, allora, non lo sa. Ha un talento immenso. Sarà considerato, da taluni, il più grande pittore esistito. Ma questo, è ancora al di là da venire.
Per adesso, al momento, Rembrandt Harmenszoon van Rijn (Rembrandt, figlio di Harmens del Reno) ama la vita. I suoi genitori riescono ad avere dieci figli, ne muoiono quattro (la morte sarà compagna di vita di Rembrandt tanto quanto i suoi pennelli e colori), lui è l’ottavo. Eppure, il padre e la moglie intravedono in quel ragazzo doti che gli altri fratelli, tutti messi al lavoro in qualche modo, non hanno. E Rembrandt si fa notare prima di subito, con quel suo talento strabordante e incontrollato. Fa uno schizzo di suo padre, seduto al tavolo, oramai cieco, memorabile.
Tutti mugnai, in famiglia, più o meno stabilmente, (il nome Van Rejin, “Del reno”, deriva proprio dal fatto che il mulino di famiglia, mosso dalla forza dell’acqua, è proprio sulle rive del fiume che lambisce Leida, paesino olandese dove lui vede la luce, il 15 luglio 1606, tra farina e macine gigantesche), ma lui è speciale. Lo si vede subito, lo si nota subito, e un figlio così, in famiglia, è un capitale, un’occasione d’oro da non sciupare. È un figlio, l’unico, da togliere dalla farina e far studiare
Ma è anche un ragazzo, Rembrandt, esplode di vita, ama la vita, e ne ha una intera davanti.
Anzi, due.
Ama Saskia, allora diciannovenne. Ed è ricambiato.
Tutti e due stanno sbocciando e si affacciano al teatro della vita adulta. Sono vivaci e di spirito libero. Facile, con quella gioventù.
Lei non ha accesso ancora alla sua dote, Rembrandt non è uno spiantato, pur avendo umili origini e pochi soldi. Il padre mugnaio garantisce pane, certo, vesti, certo, ma poco altro. Ha perfino studiato, o tentato di studiare, ma il suo talento, grazie ai mecenati dell’epoca, è esploso, e già riceve commissioni, alcune di alto lignaggio e importanti. Ha uno studio suo, insieme all’amico Jan Lievens, e personaggi di levatura e spessori sempre più alti e pensati varcano la soglia di quel bugigattolo, per incontrare questo ragazzo di cui si dice un gran bene.
Rembrandt: Saskia
Ma Saskia… Saskia è Saskia, è in cima alla lista.
Il loro è un bene che va oltre, profondo, sincero, enorme. È e resterà l’amore della vita, per Rembrandt, l’unico vero amore della sua vita, vissuto in gioia e pienezza e vigore.
Rembrandt e Saskia si conoscono, e anche se qualche parente di lei storce il naso, si innamorano l’uno dell’altra. Si rincorrono, ora lui, ora lei, in lunghe passeggiate nei campi, in mezzo agli steli, sotto il sole dell’estate olandese.
Rembrandt è un mago, ha una mano d’oro, crea magie dal nulla. E si inventa fotografo in un’epoca lontana dalla tecnologia, per ritrarre quella ragazza di ventuno anni teneramente appoggiata, tre giorni dopo la promessa di matrimonio, con un grande cappello di paglia che lascia passare migliaia di piccolissime luci che si posano sulla pelle diafana di Saskia. Questo schizzo, nei secoli, verrà definito “il chiaro disegno di un innamorato”
È fortunato, Rembrandt, molto, con quella sua mano: ferma gli istanti e i ricordi con una facilità imbarazzante, scrivendo sotto ai disegni la data della “foto”. Disegna e ritrae di tutto. L’impiccagione di una donna, fermando l’immagine un attimo dopo la morte, cogliendola molle e inerte, sospesa per aria. Un elefante quando vede sfilare un circo. Svileggia e sberleffa un critico d’arte, raffigurandolo mentre sta defecando, come a dire che quell'uomo può essere foriero solo di una cosa. Non smetterà mai di scattare foto, con quelle sue dita grassocce, anche un po’ sporche, sempre immerse nel carboncino e nei colori come sono. Ma il suo soggetto, preferito, negli anni, resta lei. Saskia.
E un po’ perché si sa, la carta costa moltissimo (al pari degli altri materiali per le belle arti. Non c’è da scialare, nell'Olanda del ‘600, seppur fiorente), e un po’ perché sono ritrazioni meravigliose, Saskia e Rembrandt tengono quelle cartoline, conservandole come cose rare. Sono così loro stessi che raccontano del loro grande amore. Oggi ci sembra cosa normale, banale, persino scontata. Ma allora….
Saskia e Rembrandt si sposano, si amano, si trasferiscono ad Amsterdam (oramai, per Rembrandt, è ora di entrare nel giro dei Grandi), e condividono la prima parte della vita. Rembrandt non ha un carattere facile, è altezzoso, irascibile e permaloso, ma è in ascesa, il suo nome inizia a girare, girano i primi veri fiorini e lui inizia a diventare quel malato di shopping compulsivo che lo porterà alla rovina. Ma sono anni che devono ancora arrivare. Oggi Saskia, dolce e remissiva, lo segue in silenzio, lo ama, e sono sempre loro due, inseparabili, con Rembrandt che ne fa la usa musa e modella prediletta. Scrive Cristopher White "...la loro felicità è testimoniata dalla frequenza con cui Saskia compare nelle opere di Rembrandt. Gli occhi dell’artista la seguono ovunque”. E ancora: "Benché il loro matrimonio dovesse tragicamente finire presto, tutto parla d’una unione armoniosa. Erano indubbiamente felici nella loro spontanea stravaganza”.
Vivono felici una vita non facile. Di quattro figli ne sopravvive uno solo, Saskia è frequentemente malata, si ammala, si debilita. Forse tisi, chissà. È sempre più spesso a letto, nella penombra, e perfino in quei momenti Rembrandt non smette di ritrarre sua moglie. Quasi come se disegnando potesse fermare tempo e malattia, stoppare il maligno avversario della sua felicità, e fermare quella follia, quel delirio.
E proprio al massimo della sua debolezza, Saskia fa uno sforzo immane, e nasce un capolavoro. Rembrandt, presentendo la fine, vuole scattare ancora una foto, quasi che questo impedisse di interrompere quell’amore.
Quasi che possa impedire, scattando foto, di ritardare il tempo dell’addio, della solitudine:
“Saskia è la musa, o Morte, è la modella, è il mio riferimento... non vedi che sto lavorando, laida Morte, non vedi che mi serve, mi è necessaria, e non puoi portarmela via? Perché non lo capisci? Cosa non è ancora chiaro? Lei è tutt’uno con me, hai scelto la persona sbagliata!”.
Quasi sicuramente devono essere stati questi, i suoi pensieri. Di fronte alle malattie, alla Morte, ci sentiamo impotenti e disperati oggi, figuriamoci allora.
Rembrandt prega, dipinge, nasconde disperazione e dolore sotto il colore, come a soffocarli. Ma sa. Non cade nell’inganno, è lucido. E sa benissimo come andrà a finire.
Anche Saskia sa. È consapevole quanto suo marito, forse di più, perché ha visto la morte in faccia più di Rembrandt, e adesso se la sente addosso, come una coperta lurida, consunta, ma spessa, pesante, che mozza il respiro. Con mille sforzi si alza e si veste. Vuole posare un’ultima volta per il suo amato, perché il suo amato ha chiesto…e il suo amato è pronto. Ha ritratto di tutto, in una delle prove più difficili della sua vita non si fa cogliere impreparato. Adesso non sono più commissioni, adesso tocca a lui. A loro. Perché, come hanno fatto per tutta la vita, quella foto la scattano insieme. Per l’ultima volta. Non si risparmia: riversa tutto il suo immenso genio e infinito dolore nel ritrarre la sua amata, sempre più amata, sempre meno sua, sempre meno viva.
A quel dipinto ognuno può dare voce. Nel mio mondo, nella mia anima, nel mio cuore, in mezzo alle lacrime che ho versato guardando questo dipinto, vedendolo dal vivo, scoprendo un impatto che non ho parole bastanti a raccontare, io immagino, per mezzo del quadro, che nella penombra della stanza, loro due soli, guardandosi negli occhi, si siano aperti il cuore, e si siano detti:
“Rembrandt, amor mio, croce e delizia della mia vita e della mia anima, lo so, lo sappiamo entrambi, la tosse non mi lascia, la malattia mi devasta, io non ho più forze, ma non ho nemmeno più paura... Il destino si è pronunciato, il nostro mondo è finito, il tempo nostro, è finito, ma noi due insieme non finiremo mai, per l’eternità. La nostra anima rimarrà indivisibile, per sempre, e per sempre ci ricorderanno, si ricorderanno solo di noi due. Ma qui, sulla terra materiale, sul mondo corruttibile e marcitile, decomposto e macilento, qui, in questo inferno, io devo lasciarti, e niente, nemmeno la tua arte, la più potente del mondo, può impedirlo.
Ma proprio adesso, nel momento tragico dell’abbandono ti faccio tre regali, che so esserti cari, e che porterai sempre con te. Il primo, mio amato, siamo noi due. Tutto ciò che verrà dopo potrà forse soddisfarti, essere adeguato ai nuovi tempi e alle vecchie esigenze. Ma non sarà mai fresco, e sincero, e nuovo e vibrante e coinvolgente come la nostra storia, perché è nata dal niente, è nata con noi, e noi l’abbiamo vissuta scoprendola ogni giorno, insieme. Non è stata facile, lo sai tu meglio di me, e io non rimpiango niente. Ma se hai paura che io abbia conservato qualche rancore, ebbene, sappi allora che solo per darti serenità, e non perché io ne senta l’esigenza, io ti perdono, amore mio, ti perdono perché so che tu sei stato cuore per me e genio per il mondo.
La tua curiosità e la tua intelligenza ci hanno fatto vivere diversamente, in mondi sconosciuti ai più ma felici per noi. E anche se muoio giovane, Rembrandt, ti ringrazio per questo. Non ho avuto una vita piatta, e nemmeno comoda, ma viva e palpitante sì. E non mi sono mai sentita sola. Né meglio avrei potuto sentirmi, con te, scelta mia e del mio cuore
Il secondo regalo è nostro figlio, Titus. È gracile, lo sai, ma è un bambino buono, diligente, e guarda ciò che fai con curiosità e ammirazione. È intelligente, nostro figlio, e ha tanto di te nella testa quanto di me nel cuore e nell’indole. Io non potrò accompagnarlo oltre, ma tu sì, e curalo come hai sempre fatto, facendo anche la mia parte, perché lui è anche pezzo di me. Curando lui tu curerai me, e io sarò certa che non sarò passata invano in questa vita
E il terzo regalo, vita mia, è questo fiore. È un fiore di pace, perché adesso non serve più ricordare i momenti brutti e il dolore, ma serve solo conservare l’infinto amore che abbiamo condiviso. È un fiore d’amore, perché tu mi hai colta come un fiore, vergine e giovane, e con te solo ho scoperto la vita, la passione, l’amore e le emozioni. È un fiore gentile, per un gesto gentile, perché resterà per sempre un gesto dedicato a te, per sempre, perché per sempre, ogni volta che mi guarderai, io ti donerò un fiore.
Ed infine, è un gesto di augurio: che la tua vita sia piena di fiori e di gioie, ed è un invito al nuovo cammino che ti attende, senza di me, e per il quale ti voglio forte, amore mio, forte e determinato come sei sempre stato, perché io non sarò lì, in piedi al tuo fianco, a dividere altro cammino, ma sarò sempre con te, dentro di te...e se qualche volta tu avessi paura, guarda questo quadro, e ascoltami. Io ti parlerò, e sarà come essere di nuovo giovani, io con il cappello con i fiori in testa, e tu che mi ritrai. Addio grande genio e grande amato, e portami con te”
Rembrandt, nella sua grezza semplicità, preso dal furore pittorico dalla sua concentrazione al limite del vivibile, avrà badato a dipingere, muto e ingrugnito come suo solito. Ma avrà sentito, e sentito bene. quelle parole saranno arrivate al cuore come pallottole roventi. Lui, schiavo dell'arte, avrà vacillato, ma continuando a dipingere. E dopo, dopo l’arte, voglio credere che si sia seduto sul bordo del letto dove l’amata Saskia si era di nuovo sdraiata, sconquassata dai convulsi attacchi di tosse…e prendendole la mano, in un momento di respiro, le abbia sussurrato dolcemente, mentre gli occhi di lei erano ridotti a due fessure, con un faticoso sorriso appena accennato sul volto emaciato, bianco, stanco e sofferente:
“Saskia, amore mio, sì, è vero, io ti chiedo perdono. Per le vicissitudini e le lamentazioni che hai dovuto subire. Sai che ho un’altra opinione di me e della mia arte, ma sai anche quanto è sempre stata difficile da gestire, tanto è ingombrante, perfino per me che la posseggo e faticando con la mia umana natura la domino, lei, regalo divino.
Prendo il tuo fiore come il tuo perdono, perché mi allievi l’anima dal dolore e dal rimorso, e mi aiuti ad andare avanti. Prendo il tuo fiore come l’amore e alla giovinezza che mi regalasti, come se tu volessi dire che solo per me sei esistita e sei sbocciata. Dipingo questo fiore come simbolo, che nel mezzo della malattia e della sofferenza sconfigge il dramma, che sparirà con te, e a me lascerà solo la tua bellezza e la tua eleganza, mai sfiorite.
E ti raffiguro così, eterna promessa di felicità, eterno fiore da cogliere, eterna gentilezza da ricevere, ed eterna offerta d’amore, perché non ne sia mai sazio e non possa mai smettere di riceverne.
Io ti ho conosciuta e con te sono nato e sono diventato uomo. Noi abbiamo intrapreso un cammino che avrebbe spaventato chiunque, artisti e sempre in mezzo alle faccende come siamo stati, convinti che lo avremmo percorso insieme. Qualcuno, o qualcosa, ti sta portando via da me, ma io raccolgo il tuo testimone, e continuerò da solo. Addio, mia amata, vita mia, addio. Se il male avesse preso me sarei stato più felice, perché io non porto la grazia che hai portato tu nel mondo e nella mia vita. Ma tu rimarrai, Saskia, nei secoli, sarà mio pensiero, mia missione, mia indomita e ferrea volontà, e la gente vedrà sempre questo flusso d’amore ininterrotto che continuerà a scorrere potente e copioso tre te e me. E anche se milioni di altri occhi ti vedranno, noi sappiamo che dietro a quegli occhi saremo sempre e solo io e te. E sappi che condiviso quello che hai detto: tu sarai sempre con la mano appoggiata al viso, quel giorno d’estate, e mi guarderai, mentre io ti ritrarrò giovane e mia. Addio, amore grande, addio.”
Saskia morì il 14 giugno 1642. Lei e Rembrandt stettero insieme per undici anni. Io che ho visto il quadro dal vivo, e ci ho pianto davanti, vi dico che quel fiore è vivido come non mai, nonostante siano quasi quattro secoli (382 anni, al momento della scrittura di questo articolo) che tende la mano per offrirlo a chiunque le passi davanti.
Dietro ai profili ci sono le persone. Dietro le persone, la vita.
Davanti a quel quadro, a questa immagine, dietro ai miei occhi, dietro agli occhi dei visitatori e dei lettori, per lei, c’è Rembrandt.
Questa è l’Arte, per me
Andrea Colore Soldatini
Rembrandt: Saskia che porge un fiore rosso
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